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PROLOGO

Abbiamo scomodato il grande commediografo lombardo Gino Rocca per rappresentare la situazione in cui si trovano a lavorare i colleghi del nostro Gruppo. Ad un occhio profano, infatti, quello che sta accadendo potrebbe trovare giustificazione solo ricorrendo alla categoria della follia rigeneratrice, mentre in realtà… giudicate voi. Uguale è il riso –poco e amaro- che si prova assistendo a fatti incomprensibili per la logica umana (com’è tipico della pazzia).
Se l’opera di Rocca viene definita “un impietoso ritratto del mondo di provincia”, la nostra invece è “un impietoso ritratto della incapacità gestionale”, oseremmo ardire a definirla un’INCAPACITA’ DI GREGGE.

I tre personaggi della commedia, Bortolo, Piero e Momi -soci della confraternita “se no i xe mati no li volemo”- sono costretti in tarda età a compiere atti goliardici e pazzerelli, con risultati disastrosi. Non sappiamo perché, ma a noi questi tre personaggi hanno fatto venire in mente (purtroppo) qualche nostro dirigente che, con il suo operare, ottiene risultati che alternano la farsa al dramma.

Questi terribili momenti di pandemia stanno mettendo a dura prova la resistenza psicofisica del personale. Personale che tutti i giorni è esposto al pericolo contagio, alle intemperanze e alle violenze della clientela, ai continui mutamenti delle direttive
aziendali e, come se ciò non fosse ancora sufficiente a debilitare un qualsiasi essere umano, a sentirsi anche sottoposto alle solite pressioni commerciali, sempre inqualificabili, ma alla luce dell’attuale contesto, ancor più incredibili e vergognose.
Pressioni subite da una azienda che produce MI-LI-AR-DI di utili e che non si pone il problema dello stress dei dipendenti: una delle principali cause del calo dei fattori immunitari! Dopo questa digressione passiamo al corpo della commedia, che prende spunto da quanto accaduto in questi mesi (negli ultimi anni avremmo potuto ispirarci al teatrodell’assurdo), ricordando a tutti che, ovviamente, si tratta di una commedia, che nulla ha a che vedere con la realtà (se vi sembra che ciò non sia vero… fatevi visitare
perché forse avete delle allucinazioni).

1° ATTO – PLEXIGLAS

Qui si narra del fatto che, mentre in tutta Italia si utilizzavano gli schermi di plexiglas per proteggere i lavoratori a contatto con il pubblico (in aggiunta anche a mascherine, visiere, gel etc.), in un Gruppo GRANDE per mesi e mesi (!!!) ci si è rifiutati di utilizzarli, e ciò nonostante le continue richieste dei sindacati (cattivi!) e dei Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (puzzoni!).
Le motivazioni addotte sono state le più incredibili: dal fatto che fosse sufficiente il distanziamento (sì, vallo a spiegare ai clienti, esperti nella disciplina olimpica UN-DUETRE-STELLA!, per cui appena il gestore si gira loro si avvicinano con la poltrona come
se nulla fosse), alle visiere acquistate per tutti e perfettamente inutili, sia perché, dovendole obbligatoriamente abbinare alle mascherine rendono la respirazione difficile, sia perché il riflesso prodotto dallo schermo dei computer non consente di vedere bene (tutte cose risapute prima dell’acquisto, ma il nostro socio della confraternita voleva tanto divertirsi, e pazienza se lo stesso non è avvenuto per i colleghi). A luglio colpo di scena: comunicata “bocalmente” (ovvero “per bocca”) e per iscritto l’installazione dei plexiglas. Poi sono passate le settimane e probabilmente se ne sono dimenticati (eh, la memoria di questi ottuagenari…), oppure era l’ennesima trovata della confraternita.
A novembre nuovo coup de théâtre: dopo un’adeguata cura a base di Acutil Fosforo si sono ricordati degli schermi e li hanno inviati nelle filiali. Tutto bene? Non proprio, perché i nostri Bortolo, Piero e Momi ne hanno combinata una delle loro (che inguaribili burloni): molti plexiglas sono arrivati senza la fessura per far passare soldi e documenti! Fessura che hanno tutti, ma proprio tutti i plexiglas che si vedono in giro, persino quelli dei banchetti abusivi! A noi invece hanno rifilato quelli taroccati (a Napoli direbbero “pezzottati”) che sono inutilizzabili e che nessuno ha controllato!
A Venezia possiamo riciclarli come paratie per l’acqua alta quando non funziona il MOSE, ma nelle altre città? Li usano per ripararsi quando piove e non hanno un ombrello a portata di mano? Li offrono in dono ai colleghi per utilizzarli in occasione della cena di Natale in modo da tener lontani i suoceri?
Però, che tipi questi della confraternita, una ne fanno e cento ne pensano: hanno dichiarato che i plexiglas difettosi sarebbero stati sostituiti (non nelle filiali new concept perché lì le casse hanno il posto passa documenti… e notoriamente è virus free!), ma -udite, udite- in alcuni posti dove sono stati sostituti, sono arrivati… ancora senza fessura! Grandissimi, dei veri mattacchioni! (chissà perché i lavoratori non hanno colto questa vena ludica).
Ora anche i colleghi si sono adeguati agli scherzi della confraternita e hanno messo a disposizione della clientela delle ottime fionde auto igienizzanti, risolvendo così il problema della fessura.
Il primo atto si chiude con un piccolo suggerimento: i plexiglas servono per TUTTE le postazioni, non solo quelle di cassa e di accoglienza, possibilmente utilizzabili. Probabilmente a Bortolo sarà sfuggito che, nonostante le mascherine (molto spesso gli
avventori le portano come se fossero dei cimeli di guerra, visto che usano la stessa da inizio pandemia) e le distanze (che non sono rispettate), i nostri clienti sono campioni mondiali di sputo parabolico!

2° Atto – VACCINI

Meritevole iniziativa, disastro organizzativo (ancora!).
Qui Bortolo si è fidato di un amico di Momi, cugino di Toni Aciugheta (imparentato con Nane Salata), e non ha verificato (testato) la capacità organizzativa e la capillarità sul territorio delle strutture presso le quali si sarebbero dovuti inoculare i vaccini. Invece di un aiuto l’iniziativa si è rivelata spesso una beffa, perché molti lavoratori avevano creduto (ah, creduloni) a Momi-datore di lavoro e avevano rinunciato al vaccino proposto dalle USL. Cosa succederà ora? Non si sa. Gli appuntamenti continuano ad essere rinviati (disdirli fa brutto, rinviarli lascia sempre una speranza: “chi vive sperando, muore cantando”) e il periodo dell’influenza sta passando.

3° Atto – CASSA LIBERA

Sono anni che ci sfrantumano le pepite con il famoso “METODO” che prevede gli appuntamenti (guai a non farli, guai a ricevere la clientela senza prenotazione, guai, guai, guai…), adesso che abbiamo la necessità sanitaria di attuarli … non vanno più
tanto bene, allora è proprio vero: NO TUTI I MATI XE IN MANICOMIO! Già a luglio avevano ripristinato la “cassa libera”, creando continue discussioni e liti con –e tra- i clienti, adesso … lo rifanno. Con quale motivazione? Per le scadenze fiscali? Scusate, ma li leggiamo solo noi i giornali oppure le scadenze fiscali sono state quasi tutte rinviate?!
I cassieri già lavorano a tempo (stra)pieno con gli appuntamenti (e agende piene per settimane) e ora cosa si pensa di ottenere lasciando la gente fuori in coda al “caldo dicembrino”? Vogliamo dare una mano all’INPS a mettere a posto il bilancio?
Questo assurdo cambiamento sta creando assembramenti (e quindi possibili maggiori contagi, complimenti!), alterchi, atti di violenza non solo verbale, con richieste di intervento continuo delle forze dell’ordine (che avrebbero cose più importanti di cui
occuparsi).
Abbiamo comunque avvisato la direzione che la responsabilità di tutto ciò è esclusivamente loro e quindi anche eventuali ricadute di tipo legale!

CONCLUSIONE

Vorremo far notare ad Intesa che la commedia finisce male: dei tre protagonisti, uno muore e un altro finisce in manicomio.
Forse è il momento di cambiare direzione e pensare un po’ di più ai propri dipendenti, quei dipendenti che con il loro lavoro contribuiscono a creare le cariolate di utili narrati nel prologo.

Venezia, 16 dicembre 2020

LIBERO UNISIN Segreteria Aziendale e Provinciale

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