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Smart Working – Le aziende stanno risparmiando un bel gruzzoletto: come intendono spenderlo?

Era dicembre del 2014 quando, con una scelta che gli eventi futuri decreteranno di grande lungimiranza, il Sindacato e Intesa Sanpaolo sottoscrissero -unici nel settore- l’accordo sul Lavoro Flessibile, conosciuto anche come Lavoro Agile o smart working.

A fine 2019, nel perimetro Italia, erano ben 14.000 coloro che ne fruivano per un massimo di 8 giorni al mese e solo su base volontaria.

Poi, a febbraio 2020, è arrivata la pandemia e nel nostro Gruppo, sulla base dell’accordo già operativo da 5 anni, moltissimi Colleghe e Colleghi nel giro di poche settimane hanno iniziato a lavorare da casa, anche in deroga al limite massimo degli 8 giorni.

Lo smart working rappresenta un caposaldo della conciliazione tra i tempi di vita e i tempi di lavoro: garantisce la possibilità di organizzare meglio il lavoro; offre la possibilità di essere maggiormente vicini alla famiglia e alle sue inedite esigenze (vedi Didattica a Distanza); azzera i tempi morti per raggiungere il luogo di lavoro, con conseguente diminuzione dell’inquinamento.

Occorre però fare attenzione ad alcuni effetti potenzialmente negativi, come la possibilità di isolamento del lavoratore per la mancata relazione con i colleghi, la difficoltà di separare la sfera lavorativa da quella privata (con il rischio che la prima prenda il sopravvento sulla seconda), ecc. ecc. Da tutto questo sorge la necessità di ben contemperare gli interessi in gioco.

Vi è però un aspetto altrettanto importante, ed è quello economico.

Alcuni costi legati alla produttività hanno subito un trasferimento dal datore di lavoro al lavoratore, consentendo corposi risparmi alle aziende in termini di: utenze, costi di funzionamento, risparmi immobiliari ed altri ancora.

A tal proposito, un recente studio di Expense Reduction Analysts (società specializzata nell’ottimizzazione dei costi aziendali) valuta mediamente in 10.000 euro la somma che può risparmiare ogni anno un’azienda… per ogni dipendente in smart working! Come ci si arriva? Semplice! Basta dividere pro quota tutte le voci che, al netto del costo del lavoro vero e proprio (cioè salario e contributi), gravano sul datore per ogni dipendente presente in sede e cioè:  affitto, facilities, manutenzioni, pulizie, servizi di vigilanza, portierato, aree parcheggio, mensa/aree break, utilizzo e manutenzione linee telefoniche, riscaldamento, energia elettrica, spedizioni, stampe e fotocopie e… aggiungiamoci anche i BUONI PASTO. Totale: diecimila euro risparmiati!! 

Alla luce dello studio appena citato reputiamo che, dopo un anno di Lavoro Agile, sia indispensabile affrontare e ridiscutere alcuni aspetti, non ultimi quelli economici, come ad esempio il riconoscimento del BUONO PASTO (sulla cui esenzione fiscale per i lavoratori in smart working si è recentemente espressa favorevolmente anche l’Agenzia delle Entrate), ma anche organizzativi quali il tema della fornitura degli strumenti tecnologici e di postazioni di lavoro idonee.

Riteniamo a questo punto doveroso e prioritario ridiscutere con l’Azienda i termini dell’accordo in tema di Lavoro Flessibile (all’interno delle regole fissate dal CCNL), che rappresenta una diversa modalità di erogazione delle prestazioni su base fiduciaria azienda/lavoratore e non ne snatura il rapporto stesso. Rapporto che per noi rimane e rimarrà basato sull’obbligo delle prestazione e non dei risultati.

Milano, 15 marzo 2021

UNISIN GRUPPO INTESA SANPAOLO

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