Home Comunicati Comunicati 2020 LAVORO AGILE – SMART WORKING. Dalla fase emergenziale al ritorno alla normalità

LAVORO AGILE – SMART WORKING. Dalla fase emergenziale al ritorno alla normalità

Il Lavoro Flessibile (così come viene chiamato nel Gruppo Intesa Sanpaolo il Lavoro agile o Smart working) ha preso avvio in maniera sperimentale alla fine del 2014, per poi divenire strutturale a dicembre dell’anno successivo.

In questo periodo i pregiudizi che hanno circondato questa modalità di lavoro sono stati moltissimi, soprattutto da parte di alcuni responsabili di struttura, che vedevano nel Lavoro Flessibile una perdita di “potere”.

Abbiamo spesso richiamato i vertici aziendali a “sensibilizzare” queste persone, perché il Lavoro Flessibile è a tutti gli effetti LAVORO e non un benefit.

Complice la pandemia, la situazione è innegabilmente cambiata, costringendo anche i più riottosi ad adeguarsi al mutato scenario, rendendosi conto, tra l’altro, che con il Lavoro Flessibile la produttività aumenta.

Alcuni studi hanno dimostrato che l’incremento di produttività generato dallo smart working è apprezzabile nella misura del 15[1] – 20%[2] , dati di assoluto rilievo che confutano totalmente quanto sostenuto da qualche vetero dirigente fermo ancora al giornale mastro.

Un passo avanti è stato fatto anche nella direzione di allargamento della platea dei fruitori, visto che il Lavoro Flessibile è stato esteso a tutte le strutture possibili, comprese le Filiali On Line e, seppur in maniera limitata, le Filiali tradizionali.

In questo modo si sono potuti limitare i rischi connessi al pericolo contagio CoVID-19, preservando la salute dei lavoratori, senza al contempo interrompere l’attività bancaria.

È anche vero che molto spesso, più che allo Smart working, i colleghi si sono trovati di fronte ad un Emergency working, perché l’organizzazione delle attività è avvenuta con “qualche” difficoltà: indicazioni aziendali continuamente modificate, personal computer insufficienti, riunioni di lavoro improduttive etc. etc..

Sulla scorta dell’esperienza fin qui maturata, ed in vista di un ritorno alla normalità (intesa come cessazione dell’emergenza), riteniamo opportuno ri-tornare ai principi stabiliti nell’Accordo di Gruppo: volontarietà e prevalenza del lavoro in azienda su tutti.

Alla vigilia del Ddl sullo Smart working, crediamo però sia giunto il momento di affrontare anche alcuni aspetti ingiustificatamente ritenuti tabù:

  • DIRITTO ALLA DISCONNESIONE

E’ un diritto sancito dalla Legge[3] e dal CCNL[4]; è necessario renderlo applicabile, impedendo in ogni maniera che i lavoratori inquadrati nelle categorie delle Aree Professionali o dei Quadri Direttivi ricevano qualsiasi tipo di comunicazione di carattere aziendale al di fuori dell’orario di lavoro.

Secondo un’indagine condotta su circa 2.000 lavoratori, infatti, è emerso che circa il 70% ha avuto serie difficoltà nel separare i tempi di vita privata da quelli di lavoro (molto spesso non riuscendovi), provando un forte disagio nel sentirsi sempre reperibili e connessi[5].

  • LAVORO STRAORDINARIO

Sempre secondo la stessa ricerca, l’82% degli intervistati si è detto favorevole ad essere valutato sulla capacità di raggiungere i propri obiettivi lavorativi (non parliamo ovviamente di budget), lamentando però -60%- che all’aumento delle ore lavorate non sia corrisposto un commisurato riconoscimento economico di “straordinari”.

Secondo uno studio condotto durante il lockdown un lavoratore su due ha lavorato almeno 1 ora in più[6].

Non si può far finta di nulla: non si può tornare ai tempi dell’NRI, il lavoro straordinario deve essere pagato.     

  •  BUONO PASTO

Tasto questo assai dolente.

È indiscusso che il Lavoro Flessibile, anche nelle sue diverse accezioni, è a tutti gli effetti una prestazione lavorativa, la cui unica peculiarità risiede nel fatto che può esser svolta anche da casa.

Se così è, e lo è inconfutabilmente in quanto condiviso anche dalle stesse aziende del credito[7], va da sé che oltre ai vari aspetti legati agli orari (vedi lavoro straordinario), non si capisce perché ai lavoratori non deve essere riconosciuto il Buono Pasto.

Sostenere che non è dovuto in quanto presso il proprio domicilio il costo del pranzo sarebbe nettamente inferiore a quello del Buono Pasto [sic], porta a dire per converso che un ticket di 6 euro è ampiamente insufficiente per assicurare un pasto quando si lavora in azienda.

Ricordiamo che il CCNL, nel prevedere espressamente il riconoscimento del Buono Pasto per coloro che lavorano da altra sede/hub, non ne esclude il pagamento a favore di coloro che lavorano da casa.

Non vorremmo arrivare al paradosso di aver ottenuto la prima tranche dell’aumento contrattuale di 85 €uro lordi mensili per poi perderne 120 netti mensili sotto forma di Buoni Pasto.

  • COSTI VARI

Diversi, e non certo preventivati, sono i costi che il lavoratore si è dovuto sobbarcare e che tutt’ora sostiene; si va dai costi riguardanti il riscaldamento durante il periodo invernale, a quelli energetici legati al refrigeramento dell’ambiente di lavoro casalingo durante il periodo estivo: per la sola utenza energetica si stimano maggiori esborsi per circa 200 €uro all’anno[8].

Costi che, come per il Buono Pasto, si sono tradotti in inattesi risparmi per l’Azienda (sarebbe scandaloso se scoprissimo che si sono continuati a riscaldare interi palazzi con un decimo del personale presente o li si refrigera adesso con un quinto degli organici).

In coerenza con quanto fatto fino ad oggi su questa materia, riteniamo che ci siano ancora spazi di sviluppo, ma questi non possono ridursi al solo aumento delle giornate mensilmente dedicate al Lavoro Flessibile, portandole dalle attuali 8 alle 10 massime ipotizzate dal CCNL.

Alcuni temi li abbiamo evidenziati, per altri lo faremo, ma ci dispiacerebbe che si arrivasse a regolamentarli solo perché coartati dal legislatore o a seguito di sentenze come quella del Tribunale federale svizzero, che ha riconosciuto ad una lavoratrice un indennizzo di 150 franchi svizzeri al mese per l’attività svolta da casa[9] (somma ritenuta idonea a coprire l’allestimento di una postazione di lavoro a casa, costo dell’energia elettrica, costo dell’utilizzo di internet, spese dell’affitto della parte di alloggio sottratta allo spazio privato).

Milano, 4.8.2020

UNISIN – Gruppo ISP

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[1] Indagine Osservatori.net Polimi 2019

[2] IL LAVORO POST COVID 12/06/2020 – Mariano CORSO Responsabile scientifico dell’Osservatorio sullo smartworking del Politecnico di Milano <<Nelle aziende da noi osservate si arriva ad incrementi di produttività anche del 15-20%>>.

[3] Art, 19, Legge n. 81/2017: <<L’accordo individua altresì i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro.>>

[4] Art. 30, Accordo di rinnovo del CCNL 31 marzo 2015, 19 dicembre 2019.

[5] L’indagine sullo smart working 2020: capire il presente per progettare il futuro, Centro Studi InContra con la collaborazione di Confsal.

[6] Sondaggio Linkedin [il social network del mondo del lavoro] su un campione di 2.000 italiani: il 48% ha dichiarato un maggior carico di lavoro. Per il 22% dei lavoratori la giornata di lavoro è iniziata prima (arrivando lavorare anche 12 ore al giorno), mentre per il 24% degli intervistati si è protratta oltre l’ordinario orario di lavoro.

[7] Art. 11 Lavoro agile, Accordo di rinnovo del CCNL 31 marzo 2015, 19 dicembre 2019: <<Per lavoro agile si intende una forma innovativa e flessibile di svolgimento della prestazione lavorativa del rapporto di lavoro subordinato …>>.

[8] Facile.it, maggior costo derivante dalla necessità di utilizzare l’impianto di condizionamento durante l’estate, al quale si deve sommare quello per l’utilizzo del personal computer etc. etc. 

[9] Sonntags Zeitung 31 maggio 2020.

 

 

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