
Articolo conclusivo del progetto I MARTEDÌ DELLA CONSAPEVOLEZZA – Il futuro possibile. Contro ogni violenza e discriminazione. NOVEMBRE 2025
La violenza non è solo fisica. Esiste una violenza sottile, strutturale, che colpisce le donne. Nel mondo del lavoro, discriminazioni, penalizzazioni economiche e professionali, ostacoli invisibili alla crescita e al riconoscimento dei diritti sono esempi evidenti di questa forma di violenza. La maternità ne rappresenta un caso emblematico, quando diritti chiaramente sanciti dalla legge vengono ignorati o mal gestiti. Anche il settore bancario non ne è immune.
Il caso di Ada: maternità e penalizzazioni ingiuste
Il caso di Ada, riportato in questo articolo, è emblematico: non si tratta di un episodio isolato, ma di un segnale chiaro di criticità sistemica che richiede attenzione, correzione dei processi e consapevolezza culturale. Ada ci rassegna la sua esperienza:
«Mi chiamo Ada, lavoro in una “grande banca”, desidero segnalare una ingiustizia, o per lo meno io la reputo tale, che ho subito relativamente all’applicazione delle regole del PVR (premio annuale – parte Eccellenza) a causa delle regole della formazione obbligatoria. La segnalo per me e per tutte le madri che rientrate dalla maternità hanno subito il mio stesso trattamento.»
PENALIZZAZIONE ECONOMICA e PENALIZZAZIONE DI CARRIERA.
Nel 2024 Ada e’ stata assente per maternità. Prima del rientro definitivo al lavoro ha utilizzato i permessi previsti dalla normativa vigente, dagli accordi aziendali, oltre al recupero di ferie non fruite. Si tratta quindi di assenze interamente previste e tutelate, durante le quali non solo non era tenuta alla fruizione della formazione obbligatoria: non avrebbe nemmeno dovuto accedervi; e comunque l’obbligo di fruizione avrebbe dovuto decorrere dal suo rientro definitivo.
Al suo rientro definitivo in servizio, Ada ha completato puntualmente tutti i corsi obbligatori assegnati, convinta di aver rispettato anche le scadenze previste dalla normativa aziendale.
Le Regole della formazione obbligatoria stabiliscono, al punto 5 – Assenze e specificità:
«Nel caso in cui il personale sia assente per l’intero periodo di fruizione, lo stesso decorrerà dalla data di rientro in servizio.»
E invece, secondo la banca, Ada avrebbe “superato i termini” per seguire i corsi obbligatori.
Ada si domanda perché, nonostante tanti proclami:
- sia stata ignorata una regola che tutela il personale assente per maternità;
- sia stato applicato un automatismo informatico privo di controllo umano, legato in particolare alle causali d’assenza;
- la sua assenza tutelata non sia stata considerata come la normativa impone;
- sia stato generato un esito che penalizza una lavoratrice madre, in aperto contrasto con i principi di equità e con le stesse regole aziendali.
«Al danno economico si aggiunge quello professionale: il percorso di carriera è stato di fatto azzerato; le regole prevedono che, per mantenerne la continuità nel ruolo — o meglio, il livello di complessità che lo rende possibile — tra i quattro indicatori necessari, sia incluso l’obbligo di aver completato la formazione annuale.»
Ada sottolinea come questi comportamenti:
- contraddicono le Regole di Gruppo sulla formazione;
- discriminano indirettamente le lavoratrici madri;
- attribuiscono responsabilità al dipendente durante un’assenza legittimamente tutelata;
- compromettono la credibilità del sistema premiante;
- minano la fiducia nella tutela della maternità.
Una discriminazione che alimenta il gender pay gap
Il caso di Ada non evidenzia solo “errori procedurali”: mostra in modo chiaro come queste prassi contribuiscano ad ampliare il gender pay gap, il divario retributivo tra uomini e donne.
Ogni volta che una lavoratrice madre viene penalizzata nei premi, nelle valutazioni o nella carriera, la disparità salariale cresce. Non si tratta di teoria: è un effetto concreto e misurabile.
Sono comportamenti preoccupanti, perché:
- trasformano la maternità in un fattore di rischio economico;
- riproducono modelli organizzativi costruiti su presupposti maschili;
- alimentano discriminazioni invisibili ma potenti;
- mostrano come un automatismo o una procedura non sensibile possano produrre disparità strutturali.
Il caso di Ada dimostra che la qualità dei processi aziendali non è neutra: può ridurre o aggravare le disuguaglianze.
E richiama la responsabilità delle aziende nel garantire che tecnologia, procedure e valutazioni siano coerenti con i diritti fondamentali, contribuendo a colmare – e non a rafforzare – il divario di genere.
Normativa nazionale e internazionale
La maternità è protetta da un sistema solido di norme nazionali, europee e internazionali che vietano ogni forma di discriminazione. Tutte confermano che la maternità non può essere motivo di discriminazione, né per retribuzione, né per carriera, né per accesso alla formazione. Ricordiamo:
- D.Lgs. 151/2001 – Testo Unico sulla maternità e paternità
- D.Lgs. 198/2006 – Codice delle Pari Opportunità
- Statuto dei Lavoratori
- Convenzione ONU CEDAW
- Direttiva Europea 2006/54/CE
- Direttiva 2019/1158/UE (equilibrio vita-lavoro)
- Direttiva 92/85/CEE (protezione maternità sul lavoro)
- Carta dei Diritti Fondamentali UE, art. 33
- Standard ILO su maternità e non discriminazione
Proposte e azioni per un futuro possibili
Il progetto Il futuro possibile. Contro ogni violenza e discriminazione si conclude con un caso concreto proprio per proporre alle aziende strumenti reali per prevenire situazioni analoghe.
- Riesame dei casi simili e corretta applicazione delle regole.
- Ripristino dei percorsi di carriera delle lavoratrici penalizzate.
- Revisione dei processi HR legati alla formazione.
- Strumenti digitali trasparenti per monitorare scadenze e assenze tutelate.
- Tavolo permanente su maternità, congedi e pari opportunità.
- Campagne interne di sensibilizzazione.
Strumenti organizzativi necessari
- Verifica manuale obbligatoria nei casi di assenze tutelate.
- Dashboard HR che distinguano correttamente scadenze e assenze.
- Ripianificazione automatica della formazione al rientro.
- Procedure chiare sulla non penalizzazione della maternità.
- Formazione del personale HR su discriminazioni indirette e diritti.
In conclusione, il caso di Ada dimostra che la violenza può essere invisibile e che la maternità, quando si trasforma in penalizzazione economica e azzeramento del percorso professionale, diventa una forma concreta di violenza indiretta. Le norme esistono, le tecnologie esistono: ciò che spesso manca è la volontà di applicarle in modo umano, giusto ed equo.
La maternità non può e non deve mai essere un motivo di penalizzazione.
Ogni ingiustizia subita da una lavoratrice arretra i diritti di tutte.
Coordinamento Donne & Pari Opportunità Nazionale – UNISIN CONFSAL





