
“Il part-time, insieme alla riduzione della pausa pranzo e all’elasticità negli orari di entrata e uscita, rappresenta un insieme di strumenti strategici per la conciliazione vita-lavoro nel settore bancario. Questi strumenti permettono di conciliare lavoro, famiglia e cura di sé, riducendo stress e sovraccarico, e contribuiscono a migliorare complessivamente la qualità della vita dei lavoratori.”
Il CCNL del settore bancario disciplina le modalità della loro fruizione; il part-time, sia verticale (giorni interi non lavorativi) sia orizzontale (riduzione giornaliera dell’orario),ne è un esempio con disposizioni che vengono poi adottate e adattate dai singoli gruppi bancari.
Questi strumenti se applicati correttamente, sono sicuramente strumenti efficaci; quando invece vengono imposte restrizioni arbitrarie, si disattendono norme, accordi e aspettative.
Per questo motivo proponiamo due modalità di gestione:
- Buone pratiche, applicate da alcune banche e meritevoli di riconoscimento;
- Modalità penalizzanti, diffuse a “macchia di leopardo”, che vanno comunque stigmatizzate ogni volta che emergono criticità.
Best Practices di Banco Bpm su part-time, smart-working e pause brevi.
Negli ultimi anni Banco BPM ha consolidato un sistema di gestione delle richieste di part-time, smart working e pausa breve che, nel panorama bancario nazionale, si distingue per coerenza applicativa e volontà di trovare un equilibrio tra esigenze aziendali e bisogni delle persone. Non è un modello perfetto, ma funziona mediamente meglio rispetto a quanto avviene in molte altre realtà.
La concessione del part-time si basa su criteri relativamente trasparenti, valorizzando situazioni documentate, carichi di cura ed esigenze di salute. Pur con limiti organizzativi, la banca mostra una disponibilità superiore alla media del settore.
Il sistema di smart working mantiene una buona stabilità operativa: la programmazione delle giornate è mediamente lineare e meno soggetta a variazioni improvvise rispetto ad altre realtà bancarie.
L’esperienza dello Smart working ha dato la possibilità concreta ai padri di poter attivamente contribuire ad un bilanciamento dei carichi di cura.
Attraverso l’efficientamento dei tempi di spostamento per il raggiungimento del luogo di lavoro, si recuperano spazi temporali da dedicare al worklife bilance senza incidere minimamente sulla prestazione lavorativa.
La pausa breve, spesso poco applicata altrove, in Banco BPM è mediamente concessa e utilizzata, rappresentando un segnale concreto di attenzione al benessere quotidiano.
Da altre banche il segnale di disagio arriva dai territori.
Le madri in filiale e il paradosso del part-time. Più lavoro con meno diritti.
Sembra assurdo, ma anche nelle grandi banche possono verificarsi criticità nella concessione degli strumenti di conciliazione che gli accordi nazionali e aziendali prevedono.
Succede infatti che, in troppi territori – soprattutto per il personale che lavora nelle filiali – la richiesta di part-time si trasformi in un vero e proprio braccio di ferro con l’Ufficio del Personale.
Alle lavoratrici che rientrano dalla maternità – con figli che spesso non hanno nemmeno un anno di vita – viene concesso, nella migliore delle ipotesi, un part-time con due rientri pomeridiani. Risulta praticamente impossibile ottenere un’articolazione che consenta di lavorare solo la mattina.
La durata del part-time non supera mai i 24 mesi e, alla scadenza, viene quasi sempre richiesto un ulteriore rientro pomeridiano. In concreto, quindi, anche le madri con figli fino a dieci anni si ritrovano a gestire un orario di lavoro che supera di fatto l’80% del tempo pieno.
Ogni azienda ha giustificazioni riconducibili alle esigenze di “sostenibilità”, affermando che il part-time sia fruibile solo nella versione con rientri pomeridiani, mediamente due. A ciò si aggiungono ulteriori restrizioni sulla flessibilità oraria, fino ad arrivare a un vero e proprio stravolgimento della normativa interna, spesso negata o interpretata in modo restrittivo a favore dell’area gestione.
Un esempio riguarda la riduzione della pausa pranzo, ormai non più concessa con la motivazione dell’“uniformità degli orari”. Oppure la richiesta di un rientro pomeridiano – anche solo parziale – di almeno un’ora dopo la pausa pranzo, nonostante la normativa preveda un intervallo minimo di mezz’ora.
Il risultato è che le madri che lavorano in filiale incontrano enormi difficoltà nella gestione dei figli.
Gli strumenti di conciliazione vita-lavoro vengono interpretati in maniera riduttiva e talvolta persino penalizzante.
Anche quando viene concesso un part-time – spesso lontano dall’idea di una reale riduzione al 50% – i carichi di lavoro non sono proporzionati all’orario effettivamente svolto. I portafogli assegnati rimangono analoghi a quelli dei full-time, mentre premi e buoni pasto risultano ridotti, senza alcuna proporzione con l’impegno richiesto.
In conclusione, sebbene sulla carta esistano molteplici strumenti di conciliazione vita-lavoro, in troppe banche e in troppi territori essi non risultano davvero fruibili, soprattutto a causa della cronica carenza di organico nelle filiali.
Una condizione che ricade quasi esclusivamente sulle lavoratrici, con effetti penalizzanti sulla loro vita personale, professionale e retributiva.
Simona Carenini, Guendalina Losignore, Simonica Menniti, Antonella Silipo, Sara Stampa.
Coordinamento Donne & Pari Opportunità Nazionale Unisin Confsal





