
Flessibilità, disconnessione e responsabilità del lavoratore nell’era agile
Con l’arrivo dell’estate, il lavoro agile si ripresenta come soluzione per bilanciare esigenze personali e professionali, in particolare nei periodi in cui la gestione familiare diventa più complessa. La flessibilità promessa dallo smart working si rivela, in questi mesi, uno strumento prezioso per molte lavoratrici e lavoratori, a patto che siano chiari i limiti e riconosciuti i diritti.
Tra questi, assume rilievo centrale il diritto alla disconnessione, introdotto in Italia con la Legge 81/2017 sul lavoro agile e successivamente integrato nei contratti collettivi, tra cui il CCNL del Credito (art. 44). La norma stabilisce che il lavoratore ha il diritto di definire tempi di riposo in cui non è obbligato a essere reperibile o a rispondere a comunicazioni aziendali, anche durante lo smart working. Si tratta di un principio di civiltà giuridica, ma la sua effettiva applicazione resta spesso subordinata a prassi aziendali non uniformi o a pressioni implicite legate alla cultura del risultato.
Ma non si tratta solo di diritti. Chi lavora in modalità agile è soggetto anche a responsabilità dirette e personali, in particolare sotto il profilo della protezione dei dati e della sicurezza delle informazioni. Il Regolamento europeo sulla privacy (GDPR) stabilisce che ogni lavoratore è corresponsabile della protezione dei dati trattati, a prescindere dal luogo da cui svolge l’attività. L’uso di strumenti non protetti, la trascuratezza nella gestione di dispositivi aziendali o la violazione delle policy interne può configurare profili di responsabilità, anche rilevanti, sul piano disciplinare e normativo.
Lavorare in smart working, quindi, non significa trovarsi in una zona grigia priva di regole. Al contrario, richiede disciplina, attenzione e consapevolezza del proprio ruolo, anche quando il lavoro si svolge tra le mura domestiche o in contesti non tradizionali.
Lo smart working d’estate può essere una risorsa, ma solo se sostenuto da una cultura organizzativa evoluta, dalla tutela effettiva dei tempi di vita, e da un senso di responsabilità condiviso tra azienda e dipendenti. Senza questi presupposti, la flessibilità rischia di diventare solo un’illusione, e il confine tra lavoro e vita privata un territorio indefinito da presidiare ogni giorno.
Antonella Silipo e Simonica Mennitti
Coordinamento Donne & Pari Opportunità – UNISIN CONFSAL





